SPECIE

L’albicocco (Prunus armeniaca L.) è una delle specie Prunus economicamente più importanti nelle regioni temperate, con una produzione mondiale di circa 4 milioni di tonnellate. Nonostante una produzione generalmente non eccedentaria, la coltivazione di albicocchi soffre di limiti critici lungo la catena di approvvigionamento, principalmente a causa della produzione stagionale irregolare, della suscettibilità a parassiti e malattie e del rapido decadimento post-raccolta. La qualità del frutto è un fattore chiave per il consumo di albicocche e una caratteristica prioritaria nei programmi di miglioramento varietale. Nonostante il progressivo miglioramento di alcuni attributi esterni (attrattività, colore, dimensioni) ed interni (consistenza e struttura della polpa) la scarsa qualità gustativa rimane un grosso collo di bottiglia per migliorare la competitività delle nuove cultivar.

Il ciliegio dolce (Prunus avium L.) comprende ciliegi coltivati per il frutto e ciliegi selvatici utilizzati per il loro legno, in inglese detti anche ‘mazzards’. La ciliegia è originaria dell’Asia, in particolare dell’Iran settentrionale, dell’Ucraina e dei paesi a sud delle montagne del Caucaso. In Europa, i ciliegi selvatici rumeni e georgiani sembrano essere molto differenziati da quelli dell’Europa centrale e occidentale. I ciliegi georgiani sembrano costituire un gruppo geneticamente isolato, probabilmente perché questa regione potrebbe essere stato il principale rifugio glaciale. Si ritiene che le antenate delle moderne ciliegie coltivate abbiano avuto origine intorno al Mar Caspio e al Mar Nero. Il ciliegio acido (Prunus cerasus L.) viene utilizzato principalmente per la produzione di prodotti trasformati come marmellate o liquori. Esso proviene da un’area molto simile a quella del ciliegio dolce, intorno al Mar Caspio. Questa specie è meno coltivata rispetto al ciliegio, anche se notevoli quantità sono prodotte in molti paesi europei e negli Stati Uniti.

Il pesco è la pianta da frutto (estiva) più coltivata nel nostro paese, oltre che, per la fascia temperata, in tutto il Bacino del Mediterraneo senza voler far riferimento ad altre zone geografiche (America, Estremo oriente, Cina in primis). Occorre infatti ricordare che essa è stata anche la prima specie legnosa sulla quale sono state compiute le prime esperienze di impianti intensivi: siamo a Massa Lombarda (RA), alla fine del 1800. Da queste prime, fortunate esperienze, i frutteti specializzati sono diventati il lustro della frutticoltura italiana, poi copiata in tutto il mondo, in particolare a partire dalla fine degli anni ’50 del secolo scorso. Intere schiere di frutticoltori e tecnici prima, ricercatori e studiosi poi, hanno nel tempo esteso a tutte le specie da frutto le soluzioni che, in prima istanza, erano state sperimentate e poi applicate sul pesco, anche grazie alla ‘plasticità’ del suo albero, che si presta a diverse modalità di allevamento.

Ci sono oltre 6.000 cultivar di susino tra le 40 specie in Asia, Europa e America. Non sorprende pertanto che il famoso pomologo statunitense Hedrick abbia considerato che le susine “conferiscono una gamma di sapori, aromi, colori, forme e dimensioni, che gratificano i sensi e rendono i frutti desiderabili, come in nessun’altra specie da frutto”. Watkins (1976) ritiene che le susine occupino il ‘centro’ del genere Prunus a motivo della enorme diversità genetica, rispetto a qualsiasi altro sottogenere, oltre a costituire un ‘ponte’ tra i sottogeneri principali. Da questa grande diversità, solo due specie predominano nella moderna produzione commerciale: la susina esaploide, o prugna europea (Prunus domestica L.) e la susina diploide, o susina giapponese (P. salicina Lindl) e ibridi da essa derivati. La principale sfida per i breeders è l’uso delle altre specie di susino o affini per sviluppare nuove cultivar adatte a diversi ambienti e con frutti innovativi. Le susine europee e giapponesi, sebbene appartengano alo stesso gruppo tassonomico, sono colture molto distinte in termini genetici, domesticazione ed utilizzo: le prugne europee sono più adatte a zone temperate e continentali, mentre le susine giapponesi sono adatte ad aree tendenzialmente temperate-calde. Sono distinte anche dal punto di vista culturale e storico: le prugne europee sono più legate all’Europa mentre le susine giapponesi sono più diffuse in altre aree: di fatto i frutti sono commercializzati come prodotti distinti.